Un paio di settimane fa è stato molto apprezzato (grazie!) il caso studio su come posizionare un contenuto performante. Ci sono state anche alcune discussioni – tutte costruttive – che hanno arricchito ulteriormente la casistica. Stranamente, la vocina sentenziosa del “si, però i casi studio non servono a nulla” è stata flebile se non del tutto silente. Perciò me lo sono chiesto da solo: perché si condivide un caso studio SEO? Dà un valore aggiunto alla community o alla propria attività (a livello di brand personale)? E, domanda più importante: ha davvero utilità per chi legge?
I casi studio SEO: perché condividerli (e perché no)
Delle motivazioni, o presunte tali, che spingono a NON condividere un caso studio SEO ne ho scritto qualche tempo fa, adducendo alla possibilità paranoica di non diffondere dati riguardanti un sito, pena il ritrovarselo spammato/colpito da azioni di SEO negativa, senza aggiungere altro circa l’attitudine più anglosassone che mediterranea di condividere i propri risultati, una verve che rende normale e senza ulteriori “screzi”, il mostrare ciò che si sa fare e che obiettivi sono stati raggiunti. Ok, ma questi a cosa portano?
I casi studio SEO: che valore aggiunto danno?
Un buon caso studio SEO è un vantaggio per tutta la community E per l’attività stessa di chi diffonde il contenuto: per gli addetti ai lavori in quanto possono seguire un percorso di un collega/possibile competitor/altro esperto, come succede in tutti campi delle professioni avanzate. Per la propria attività perché, se ben esplicato, un caso studio SEO è la prova tangibile di saper fare ciò che si sta proponendo come soluzione ai problemi del prospect. E poi fa figo, non diciamo di no.
Per dare valore aggiunto, bisogna offrire una metodologia passo dopo passo, non sempre dei meri numeri di “sono arrivato al punto B partendo dal punto A guadagnando C.” Altrimenti è solo un fare l’elicottero con il proprio ego per far vedere quanto è grosso.
I casi studio SEO: hanno davvero utilità?
Si arriva alla terza domanda, quella finale e più importante: a chi servono i casi studio? Solo a chi li diffonde per il proprio tornaconto oppure si tratta di qualcosa di replicabile sui portali di chi ne usufruisce, aumentando la consapevolezza del settore? Essendo il solito salomonico: a entrambi. Un ottimo caso studio SEO migliora la posizione, agli occhi di community e clienti, del professionista stesso che si è sbattuto per realizzarlo MA solo nel caso in cui si tratti di una e propria perla, altrimenti si casca nella banalità di un title che non ha rispettato le premesse.
Sulla replicabilità: se fosse così facile, questa professione l’avrebbero fatta al 100% dei bot. Non è mai detto che la stesse metodologia abbia gli stessi medesimi risultati su un altro sito, non fosse altro per i fattori esterni indipendenti (competitor su tutti).
In conclusione
Sono un professionista che ha ancora tanto da imparare e per questo i casi studio sono oro, quantomeno per confrontarsi, un’arte che si va via via dimenticando. Talvolta capitano delle vere e proprie perdite di tempo fra le mani, oppure incomplete che dicono “quali” risultati si sono raggiunti senza spiegare il “come”. La replicabilità rimane complessa: ogni SERP è differente e ha le sue logiche, entro l’algoritmo di Google.
Gli spunti però restano: spero di avertene dato uno concreto sui casi studio SEO.. tu cosa ne pensi? 🙂