Il valore aggiunto sembra essere una delle chimere più evocate da chi opera nel Marketing e sovente nel digitale, quasi fosse un sinonimo di 2.0. In realtà, provare a definirlo realmente significa variare da progetto a progetto: insomma, non c’è un unico “valore aggiunto” né questo è misurabile SE non è definito. Si dice che l’online si differenzia dal Marketing analogico o tradizionale per via della misurabilità delle sue metriche, ma sta di fatto che queste sono taroccabili come un il motore di Vin Diesel, grazie ai bot.
Quando si parla di valore aggiunto però, l’unico B.O.T. che conta è Budget, Obiettivi, Tempistiche; già citato, in questo blog e nel libro Interceptor Marketing.
Grazie a queste caratteristiche, IMHO, è possibile iniziare a dare la forma al valore aggiunto, per renderlo quello che, in PNL, viene chiamato “obiettivo ben formato“.
Perché la SEO è in grado di dare del valore aggiunto
Oppure, come si può tradurre continuando sul parallelismo, “come è in grado di far raggiungere un obiettivo“. Va da sé che chi usa il motore di ricerca ha un bisogno da soddisfare, altrimenti non sarebbe una ricerca ma una sorta di corsa al vagheggiato Santo Graal: il valore aggiunto che dà una buona ottimizzazione SEO in questo caso è il riuscire a rapportare la domanda dell’utente con l’offerta del prodotto/servizio che si sta rendendo visibile. Nota bene: ho volutamente utilizzato il concetto di visibilità piuttosto che quello di posizionamento per andare oltre l’idea di keyword e focalizzarsi sulla query, la domanda.
Già per questo motivo, per rendere il proprio business come il delta, la pietra che tiene la volta, il burro sul panino d’arachidi; si dà del valore aggiunto con la SEO.
Cosa succede quando la SEO porta traffico a un prodotto/servizio inviso al possibile cliente e questo rimbalza via? Oppure se il business è prettamente localizzato nel paesino (e sui paesini è basata l’Italia)?
Come la SEO è in grado di dare del valore aggiunto
Il come è in realtà esplicato da più corsi, guide, consulenti, agency. Scriverlo in poche righe sarebbe come cercare di comprimere un’intera enciclopedia in una tasca, senza che questa abbia la stessa capienza infinita di quella di Doraemon.
Mi piacerebbe focalizzarmi con te con le due casistiche citate sopra: come fare a portare valore aggiunto (se possibile) a business che sembrano avversi al digitale per diversi motivi?
Nel primo caso è il consulente SEO che dovrebbe farsi più custode del funnel Search e capire cosa non funziona: certo che se il prodotto offerto NON risolve l’esigenza dell’utente, dargli visibilità è addirittura controproducente e ne diminuisce il ciclo vitale – il quale sarebbe comunque destinato a ristagnare per poi spegnersi. La SEO non è la panacea a tutti i mali, e il valore che offre deve essere, appunto, AGGIUNTO a qualcosa.. posso pure mettere tutto lo zucchero del mondo sopra una torta bruciata ma sempre un po’ schifo farà.
Nel secondo caso, del business fortemente geolocalizzato in una realtà contenuta, tocca fare un passo indietro di analisi di mercato: mi è capitato di lavorare anche su un e-commerce prodotti rivolti a una platea poco avvezza al Web (ausili per anziani) e paradossalmente i maggiori compratori (parenti soprattutto) vengono da paesi dove non è possibile reperire facilmente le soluzioni offerte. Ma se il business è strettamente locale, a costo di dire una bestemmia, per investimenti contenuti o range che è possibile raggiungere.. forse sono ancora validi i vecchi volantini.
E tu cosa ne pensi di questa provocazione? Come, secondo te, la SEO può dare valore aggiunto?